Il viaggio in moto, esperienza da sogno e da record

Viaggio in moto

Libri, film, canzoni: non c’è mezzo di espressione che non abbia raccontato l’incredibile esperienza di fare un viaggio in moto e di scoprire il piacere di percorrere la strada sulle due ruote. Dalle storie “on the road” degli anni Sessanta a oggi, cambia solo l’attrezzatura sulla quale possiamo contare…
L’immagine più iconica resta probabilmente quella di Peter Fonda e Dennis Hopper che, seduti in sella alle splendide Harley Davidson, attraversano gli Stati Uniti accompagnati da scene impresse nella memoria dei cinefili (e non solo) e da una colonna sonora impreziosita dalla mitica “Born to be wild” (nella versione originale degli Steppenwolf): era la fine degli anni Sessanta, e il film Easy Rider ha contribuito non solo a rilanciare il cinema americano, ma anche a rinforzare la passione per le due ruote in tutto il mondo.

Se, però, all’epoca i protagonisti potevano viaggiare senza alcun accessorio aggiuntivo, limitandosi ad avere con sé lo stretto indispensabile, oggi forse le cose sono cambiate e, che sia per abitudine agli agi o per semplice comodità, appare difficile rinunciare a quello che il mercato propone per semplificare le nostre esperienze alla guida.

Non rinunciare alle comodità. Prendiamo ad esempio la vastità di scelta che ci mette a disposizione Omnia Racing, portale specializzato nel campo degli accessori per motociclisti, riguardo a prodotti che possono ampliare il potenziale bagaglio da trasportare con sé durante il viaggio; il più diffuso è senz’altro il tipico bauletto Givi, società che comunque offre anche soluzioni come borse laterali o vere e proprie valigie, da fissare al corpo della moto attraverso una semplice serie di attacchi specificatamente studiati per adeguarsi a ogni modello di moto. Dalla carta (e dai cataloghi) alla realtà, Givi ha deciso di rendere evidente il suo supporto a chi vuole viaggiare sulle due ruote, promuovendo un’impresa da Guinness dei primati.

In giro per il mondo. Si è conclusa da poche settimane, infatti, l’impresa che ha visto protagonista Anita Yusof – donna nata in Malesia 52 anni fa, divorziata e con due figli grandi – che in base alle leggi religiose del suo Paese non avrebbe potuto neppure inforcare la bici, e che invece ha percorso 32 mila chilometri in sei mesi, a cavallo di una moto Yahama. Proprio nella sede malesiana di Givi nasce questo progetto: la donna, infatti, si reca lì a spiegare la sua idea, ovvero essere la prima musulmana a compiere il giro del mondo in moto e da sola. L’azienda bresciana, che nel nome riprende le iniziali del fondatore, Giuseppe Visenzi, decide di sponsorizzare il viaggio e di mettere a disposizione di Anita la sua gamma di accessori e di brevetti di fama internazionale, tra cui appunto l’iconico bauletto.

Un traguardo raggiunto. Quando la donna centauro è arrivata a Flero, cittadina in provincia di Brescia dove nel 1978 è nato il primo stabilimento di Givi, al posto del solito hijab (il velo religioso) sotto il casco indossava la bandiera del suo Paese, la Malesia, poi usata come un semplice foulard. E in questi gesti, e nella semplicità di seguire il proprio sogno, c’è tutta la bellezza della libertà offerta dai viaggi on the road: e, in quanto a strada, Anita ne ha percorsa parecchia, attraversando in pratica tutto il mondo nel suo Global Dream Ride che, come detto, l’ha portata dal Paese natale fino agli Stati Uniti e poi in Europa attraverso 40 differenti nazioni. A farle compagnia solo la moto Yamaha FX 150b con i suoi 210 chili di carico (grazie agli accessori Givi che hanno ampliato il bagaglio a disposizione), che per una donna alta 163 centimetri rappresenta una sfida nella sfida, tale da rendere la sua impresa ancor più meritevole di un posto tra i Recordman (e woman) mondiali.

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